venerdì 8 aprile 2016

LA SICILIA COME TEMA
Giosuè Carducci (Giosuè Carducci nasce a Valdicastello nel 1835. Dopo l'infanzia trascorsa in Maremma, si iscrive alla Normale di Pisa dove consegue la laurea in lettere a soli vent'anni. Nel 1860 gli viene assegnata la cattedra di letteratura italiana all' Università di Bologna, che ricoprirà fino al 1904. Due anni dopo aver lasciato l'insegnamento, è il primo italiano a ricevere il premio Nobel. Si spegne a Bologna nel 1907).


LXIII.
PRIMAVERE ELLENICHE
(II. dorica)

Sai tu l’isola bella, a le cui rive
manda il Ionio i fragranti ultimi baci
nel cui sereno mar Galatea vive
      e su’ monti Aci?

De l’ombroso pelasgo Èrice in vetta
eterna ride ivi Afrodite e impera,
e freme tutt’amor la benedetta
       da lei costiera.

Amor fremono, amore, e colli e prati,
quando la Ennea da’ raddolciti inferni
torna co ’l fior de’ solchi a i lacrimati
       occhi materni.

Amore, amor, susurran l’acque; e Alfeo
chiama ne’ verdi talami Aretusa
a i noti amplessi ed al concento acheo
      l’itala musa.

Amore, amore, de’ poeti a i canti
ricantan le cittadi, e via pe’ fòri
Dorïesi prorompono baccanti
      con cetre e fiori.

Ma non di Siracusa o d’Agrigento
chied’io le torri: quivi immenso ondeggia
l’inno tebano ed ombrano ben cento
      palme la reggia.

La valle ov’è che i bei Nèbrodi monti
solitaria coronano di pini,
ove Dafni pastor dicea tra i fonti
     carmi divini?

— Oh di Pèlope re tenere il suolo
oh non m’avvenga, o d’aurei talenti
gran copia, e non de l’agil piede a volo
     vincere i venti!

Io vo’ da questa rupe erma cantare,
te fra le braccia avendo e via lontano
calar vedendo l’agne bianche al mare
    Sicilïano. — 


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