Mafiosi e briganti
Tra l’essere mafioso e l’essere brigante ci sono delle differenze
sostanziali, per cui un siciliano non userebbe mai il secondo termine per
indicare un mafioso. Quest’ultimo agisce stando in seno alla società,
circondato dal rispetto e dall’autorità ottenuti dispensando populisticamente
protezione e giustizia spesso in opposizione a quelle dello Stato. Uno Stato
che il mafioso tuttavia è pronto a servire, condizionandolo, secondo il detto
‘Chi comanda fa legge, e chi vuole godere della legge deve stare con chi
comanda’. Figura tipica di mafioso può essere considerato don Calogero Vizzini
di Villalba (provincia di Caltanissetta) che nel 1943 favorì lo sbarco e
l’avanzata americana, ottenendo in cambio dall’AMGOT la nomina a sindaco di
Villalba.
Il mafioso non perde mai la calma e compie le azioni criminali
nell’ombra per non essere ‘pigliato’ dalla giustizia statale, e se ciò accade, uscire
dal processo assolto per insufficienza di prove diventa motivo di ulteriore
prestigio.
Il brigante è invece un bandito che, come tale, si nasconde in luoghi
solitari. A questa vita di fuggiasco lo ha portato un gesto di ribellione allo
Stato (esempio: renitenza alla leva) o un delitto commesso a viso aperto,
spesso per disperazione o per questioni di onore. Ne sono prova e testimonianza
i molti briganti che infestarono le campagne meridionali nel periodo post
unitario. In Sicilia possiamo citare come esempio il famoso bandito Salvatore
Giuliano, che dalla mafia fu ucciso perché con le sue azioni banditesche faceva
accorrere troppi sbirri sul territorio.
Questa distinzione tra mafiosi e briganti è da me tenuta presente nei
racconti “Storie del secolo breve”. Mafiosi sono don Vito e Salvatore Liccali del
primo racconto, mentre, nel terzo, Tano si può considerare un brigante. Dalla
lettura della storia che li riguarda si capisce meglio la differenza.
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oppure sui principali store e
nelle librerie.
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