IL VINO MARSALA COME MEDICINALE RICOSTITUENTE
Per aggirare il proibizionismo
imperante negli USA, il vino Marsala venne spacciato come ricostituente (cliccare
su foto 2 per vederla intera). Questo positivo trend commerciale riprenderà nel
secondo dopoguerra e durerà fino a quando il consumo dei superalcolici non avrà
il sopravvento, alla fine degli anni Sessanta. Allora, a Marsala, molti
stabilimenti vinicoli chiuderanno i battenti (anche perché, non essendo ancora
un prodotto D.O.C., il nostro vino si produceva ovunque).
Tuttavia la convinzione, che un ‘marsalino’ facesse bene, persistette
per molto tempo: ricordo che mio padre, quando ero ammalato, insisteva affinché
bevessi un sorsetto di Marsala – Confesso che la cosa non mi dispiaceva, perché
il Marsala è un vino liquoroso-dolce
(specialmente quello all’uovo o al caffè), da leccarsi i baffi.
Nelle foto:
un traino carico di botti (esposto alla Florio) e un’etichetta sul
Marsala/medicinale.
Da “STORIE DEL SECOLO BREVE” di Alberto Di Girolamo
(Si trova
anche su Mondadoristore e Amazon)
La
produzione illegale di spirito era fiorita nel territorio marsalese nei primi
anni cinquanta quando gli stabilimenti vinicoli avevano cominciato a esportare
una gran quantità di vino Marsala negli Stati Uniti d’America.
L’aggiunta
di alcool era necessaria per portare a diciotto gradi il vino grezzo e siccome
lo spirito, disponibile sul mercato legale, costava molto a causa delle accise
imposte dallo Stato, la produzione e la vendita illegale del distillato davano
un ampio margine di guadagno.
Impianti
artigianali di distillazione sorsero un po’ dappertutto nei casolari più
sperduti delle campagne e soprattutto nelle vecchie cave di tufo.